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Literatur
Memorie della R. Accademia dei Lincei, s. 3, vol. IV (1879), pp. 253–300; vol. VIII (1880), pp. 263–319.
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Quart. Journ., vol. XXXV/I (1906), pp. 53–79.
Vedi n.o 25.
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Proc. London Math. Soc., s. 2, vol. XI (1912), pp. 133–184.
Inaugural-Dissertation, München (1913), pp. 1–60.
Monatshefte f. Math. u. Phys, B. XXIX (1918), pp. 65–144.
The theory of functions of a real variable.... (Second Edition, 1926), vol. II, p. 710.
Rend. R. Accad. dei Lincei, vol. III (1926), p. 357.
Avvertiamo che alcuni Autori (V. per es.Hobson, loc. cit. (15), vol. I, p. 322) chiamanomonotone soltanto quelle funzionif(x, y) che noi chiamiamomonotone concordi.
E dunque un caso particolare del criterio qui dato quello dimostrato daHobson (loc. cit. (15)) e cioè che, se laf(x, y) è inQ′ limitata e monotona e a rapporto incrementale rispetto allax limitato, la sua serie doppia diFourier converge verso il valore (24). Va tuttavia osservato che la dimostrazione dell'Hobson, fondata sulla sostituzione dell'integrale ∫∫f(xy) senmx senny / senx seny dxdy con ∫∫f(xy) senmx senny /xy dxdy, non è corretta. perchè, contrariamente a quanto l'Hobson afferma (l. c., p. 700), la funzione 1 / senx seny − 1 /xy non è limitata e integrabile nell'intorno di (0, 0).L'Hobson enuncia anche la segnente proposizione: « se laf(x, y), supposta integrabile, è a variazione limitata secondo la definizione diArzelà, o più generalmente se è la differenza di due funzioni monotone concordi, e se di più è a rapporto incrementale, rispetto allax, limitato, allora la sua serie doppia diFourier converge verso (24) ». Per altro le considerazioni svolte dall'Hobson non sono sufficienti a dimostrare tale proposizione.
Le funzionia variazione doppia finita non sono altro che le funzionia variazione limitata del Vitali.
Vedi l. c. (9) od anche l. c. (15), vol. I, p. 325.
R. C. Young,L'Enseignement Math., 1925, pp. 79–84.
Questo teorema fu dato daHardy in l. c..L'Hardy suppone che laf(x, y) sia anche a variazione limitata su ogni parallela all'asse dellex e su ogni parallela all'asse delley; ma, come ha osservatoW. H. Young, e come del resto risulta immediatamente dalla (26), ciò è una conseguenza delle ipotesi da noi fatte.
Ciò si dimostra facilmente utilizzando un lemma dato daW. H. Young in l. c. (12), p. 143.
Cfr. n.o 7.
Si tenga presente quanto si è detto in (22).
L. c. (3).
Cfr. n.o 27.
Ciò si vede subito applicando una formula stabilita daE. C. Titchmarsh (The Double Fourier Series of a Discoutinuous Funetion, Proc. Royal Society, Series A. vol. 106 (1924), (pp. 299–314), p. 302)
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Tonelli, L. Sulla convergenza delle serie doppie di Fourier. Annali di Matematica 4, 29–72 (1927). https://doi.org/10.1007/BF02409984
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DOI: https://doi.org/10.1007/BF02409984